Il ritorno di Sanacore
In quest'uscita tutta musicale abbiamo raccontato il live degli Almamegretta per i 30 anni del loro secondo album. Poi dieci buoni motivi per vedere la mostra Spiritual Pino Daniele.
Testo di Gianni Valentino
Fotografie di Giuseppe Carotenuto
Nei camerini della Casa della Musica, Raiz accarezza una guantiera di zeppole fritte imbottite di crema pasticcera e amarene sciroppate esclamando «’sta rrobba i’ nun m’ ‘a pozz’ mangià». La crew, che lo avvolge protettiva, ride. E prende a morsi la bontà. Il cantante-attore si rifugia lento sul divanetto per assaporare la razione di pollo ed è il segnale che il soundcheck è terminato. È in quel frangente che il frontman degli Almamegretta, nonché una delle icone della serie tv Mare fuori nel ruolo del boss criminale Salvatore Ricci, riceve una piccola pioggia di whatsapp. La chat è monocorde: «Lo so che sono una merda e che sei concentrato per lo show… ti avanzano mica un paio di accrediti per stasera?». Lui sorride amaro e poi cazzeggia allegro tra lo specchio e qualche libro.
La sala di Fuorigrotta – quartiere a Ovest di Napoli – è gelida. Il pubblico arriverà tra un paio d’ore. Val la pena fare attenzione a quel che sta accadendo e accadrà. Sanacore 1.9.9.5. è l’album che ha proiettato gli Alma da band mediterranea underground in band napoletana di culto internazionale e il tour per il trentennale di quelle perle galleggianti tra dub/reggae/pop e forma-canzone elettronica va celebrato con ogni laico sacramento. Facile intuire il sold out al botteghino e facile godersi una platea che solo raramente alzerà lo smartphone per girare video o fare storie per Instagram. Chi partecipa al party, stasera, ha non meno di 30 anni e sa che ai live si va per godere la musica e gli incontri. Non per accumulare contenuti da replicare in digitale. Eppure il verbo digitale è proprio quel crossover che anima Sanacore, grazie alla simbiosi tradizione folk vesuviana/computer generata dal compianto D.Rad (Stefano Facchielli), producer e sound designer scomparso in un violento incidente di motorino il 1° novembre 2004. «All’epoca ce ne andammo a vivere e a suonare in una casa a Procida – ricordano i componenti della band: Raiz, Paolo Polcari e Gennaro Tesone – e fu meraviglioso nuotare persino a dicembre o camminare scalzi nelle session di registrazione. Era il microclima della nostra mini-Giamaica del Mediterraneo e nacque così Sanacore, dopo aver studiato i ritmi di Pomigliano d’Arco».





Quel Mediterraneo sacro che fluisce nella processione Ammore nemico, con il canto campionato di Marcello Colasurdo che apre lo show e si mescola alle vibrazioni di Raiz, in t-shirt “Quartieri Spagnoli Since 1536”. Quel mare vorticoso di Maje. Quelle onde blu immaginate da Salvatore Palomba, che dopo avere scritto Carmela per Sergio Bruni cesellò Pe’ dint’ ‘e viche addò nun trase ‘o mare per Raiz e soci. «È il mio pezzo preferito», sussurra il cantante, «pure si nun l’aggio scritt’ i». La linea melodica però è mia. Ogni sera mi trasporta altrove, mi commuove interpretarlo. Abbiamo scelto soltanto una porzione della lunga poesia di Palomba, fondatore della canzone napoletana moderna».
E c’è poi quel mare innamorato, emblema roots della title-track condivisa con sua regina buonanima Giulietta Sacco. La gente adesso balla e esorcizza il terremoto 4.6 dei Campi Flegrei memorizzato addosso una notte prima e pure la scossa istantanea delle 19:44, che nel retropalco ha fatto tremare corpi e catering con un ritmo di magnitudo 3.5. Nel backstage non c’è troppa paura e nemmeno nelle teste dei fan che s’avvicinano al dj set afro-reggae miscelato da Fat Emilio Professor. È lui che inaugura la maratona dance. Una volta, il 70enne era tra i soci del Notting Hill di piazza Dante, covo sotterraneo e rettangolare della musica indipendente italiana prima che venisse scioccamente ribattezzata indie. «Avevamo riservato tutti i giovedì agli Almamegretta. Ogni settimana quel palco era destinato alla loro musica e veniva a scoprirli sempre più gente, prima che pubblicassero i dischi. Me li sono cresciuti». Arriva Fefo Forconi, il chitarrista toscano, e racconta a Gennaro T. che oggi indossa proprio gli abiti ricevuti in dono da un negozio partenopeo (che non esiste più) nel tour del 2000. Il primo vissuto con gli Almamegretta. Al look, aggiunge una maglietta Beastie Boys. Il bass-man Baldini, originario di Pordenone e napoletano adottivo, sfotte chi gli sta a tiro proclamando in accento neomelodico «è nommal’!!». Polcari anticipa, sbarazzino quanto basta nella t-shirt gialla di Keith Haring, che «in estate il tour del trentennale tornerà sui palchi italiani evolvendo la drammaturgia teatrale del concerto. Intanto mi coccolo il mio brano più amato, Scioscie viento». Detto senza arrossire. Come fa pure Gennato T, che sceglie ‘Nziria (inciso nella Phonotype a ridosso di Mezzocannone) e Ruanda. Il popolo di matrice Almamegretta pulsa assieme ai musicisti quando nello spettacolo arrivano Black Athena e The Cheap Guru e Water di Garden in un mix con altri capitoli discografici che dal vivo vengono pure alterati nell’effetto vocale un po’ à la J. M. Jarre e The Blaze. La commozione psichedelica inonda la venue sulle note hard dub di Se stuta ‘o ffuoco e tutto lo spazio diventa un coro angelico sul ritornello jazz-funk di ’O bbuono e ‘o malamente. Galattico è l’episodio rave Catene, prima di lasciare terreno fertile all’industrial dub di Figli di Annibale. Fanno eco nel petto le confessioni della band prima del concerto: «La gente ama e ha amato gli Almamegretta perché con noi ha conosciuto linguaggi lontani, stimolando la curiosità verso ogni musica. Un fan ci mandò una lettera per ringraziarci di aver assimilato tradizioni arabe. Oggi a Napoli manca l’underground probabilmente, ci appare tutto mainstream. Te ne accorgi fuori alle rosticcerie quando trovi le gigantografie di Geolier. Più pop di così!?».





«We don’t need no more trouble», intona Raiz citando War del santone Bob Marley, ringalluzzito dalla folla che dondola beata e riappacificata, e soccorso nel suono da Paolo Polcari (tastiere), Gennaro T. (batteria, disposta sul palco in perpendicolare nei riguardi del pubblico), Fefo Forconi (chitarre) e Paolo Baldini (basso). È proprio quest’ultimo a spiegare una sua verità: «Già dai tempi di Anima migrante gli Alma erano la mia band preferita. Più dei miei stessi Africa Unite e assai più della 99Posse. A casa custodivo le loro produzioni nel catalogo internazionale, non in quello italiano. Assieme ai Dub Syndicate, per farti capire». Superfluo spiegare pure che il popolo Alma desidera il finale del concerto per liberarsi, finalmente, nel ritornello di Nun te scurdà. Tra signore che in prima fila mimano i genitali e comitive che la danzano stringendosi allegri. «Nun te scurdà è ancora un hit e mi rende fiero perché questa canzone è scritta e interpretata da un maschio, me, su un battito virile», e Raiz proietta lo sguardo nello spazio. «Eppure l’io narrante esprime concetti femminili. Bizzarro. Brilla il contrasto. Sono stato cresciuto da donne e mi porto dentro questa sensibilità, anche se nei muscoli si vede poco. Purtroppo è una canzone tuttora attuale: le condizioni delle donne non sono legittimate. In Iran accade quasi per legge, in Italia de facto. Ho capito pure che la gran parte della gente che viene ai live è nostra coetanea. È giusto che abbiano una decina di anni in meno, così come io sono più giovane del boss Bruce Springsteen. E sono cosciente che lo zoccolo duro - più che i cittadini urbani della metropoli - sono le persone provenienti dalla provincia di Napoli. Ad esempio io mi considero bruniano più che muroliano. Tutto torna. Della Volpe, il cognome mio, ha una sorgente aversana e ho ricevuto quella cittadinanza un anno fa. Vivo in una sorta di “peter panismo”, a 58 anni. La mia voce è maturata, canto con profonda consapevolezza. Prima di entrare sul palco bevo acqua e la tintura madre di erisimo e sono pronto. Non è dato sapere per quanto, ma gli Almamegretta ci sono ancora».
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Giornalista, poeta/performer, educatore, copywriter, Gianni Valentino è ideatore del duo Totò Poetry Culture che elabora le poesie del Principe Antonio de Curtis in musica elettronica. Autore dei poemetti Le piume degli angeli scemi (Iemme Edizioni) e di io non sono LIBERATO (Arcana Edizioni), curatore di Santo Sud per il musicista Dario Sansone (Comicon edizioni). Ha pubblicato il libro Feeling. Pino Daniele (Colonnese), giunto alla ristampa. Dal 2004 è firma de la Repubblica e del settimanale il Venerdì. Ha partecipato, nel 2018 e nel 2024, a due opere monumentali del photograffeur JR: The Chronicles of New York City e The Chronicles of Napoli. Ha curato progetti e performance dedicati a Raffaele Viviani, Egon Schiele e Oum Kulthum. Al cinema è stato diretto dai registi Edoardo De Angelis nel film a episodi Vieni a vivere a Napoli (2016), Fabio Gargano e Carlo Luglio in Dadapolis (81° Mostra del Cinema di Venezia - 2024) e Hungry Bird di Antonio Capuano (di prossima uscita). Collabora con POSTER da febbraio 2025.
Giuseppe Carotenuto è un fotoreporter freelance che vive tra Castellammare di Stabia e Roma. Dopo aver conseguito il diploma in fotografia a Napoli nel 2003, l’anno successivo diventa giornalista pubblicista e lavora fino al 2007 come fotografo nell’ufficio stampa dell’Esercito Italiano. Dal 2007 intraprende la carriera da freelance, collaborando con importanti riviste italiane e internazionali. I suoi progetti fotografici affrontano tematiche umanitarie, conflitti, rivoluzioni sociali e diritti umani. Tra i lavori più significativi figurano la rivoluzione dei Gelsomini in Tunisia, la guerra in Libia e un reportage sui giovani militari italiani in missione in Afghanistan. Da qualche anno sta lavorando alla sua opera prima come regista e sceneggiatore: Lavaci col Fuoco, un film di finzione che immagina e racconta la vita dei Vesuviani in “stato di emergenza” di fronte a una possibile eruzione del Vesuvio.
I dieci comandamenti di Spiritual Pino Daniele
La mostra antologica dedicata al musicista napoletano di cui ricorre il decennale della morte e il 70° dalla nascita.
Testo di Gianni Valentino
Le foto sono per gentile concessione degli organizzatori della mostra Spiritual Pino Daniele
10 motivi per vivere la mostra Spiritual Pino Daniele allestita a Palazzo Reale a Napoli. Un viaggio in anteprima nelle teche e nelle sale dell’esposizione firmata da Antonio Nicosia e Alex Daniele che resta visitabile fino al 6 luglio dalle 9 alle 20: biglietti a 15 euro, ridotti a 10 euro (over 65; under 26; gruppi organizzati di almeno 12 persone fino a un massimo di 20) e 6 euro (per bambini e scuole fino alla secondaria di secondo grado). Mercoledì chiuso. Il catalogo delle fotografie e dei documenti esibiti è pubblicato da Silvana Editoriale.
C’è un’agenda con un appunto di versi datato 5/8/75 quando Pino scrive «datemi qualcosa per vivere/datemi qualcuno per credere/datemi un posto per stare in pace», e c’è addirittura una letterina del Natale 1961 (Pino ha 6 anni compiuti) indirizzata alle zie adottive Lia e Bianca Lamberti e il musicista che un giorno che produrrà Ferryboat e Nero a metà, Passi d’autore e Schizzechea with Love, si firma già Pinotto.
Reperto clamoroso, è il foglio autografo che contiene My Land, scarabocchio della versione britannica di Terra mia. «How sad it is…» dice il primo capoverso, che risale al 1979. Ben due anni dopo il debutto discografico. In quella fase, l’artista abita con la nuova famiglia in un palazzo di piazza Medaglie d’Oro e l’autore della traduzione in inglese è proprio il suocero di Pino, Enzo Giangrande, padre di Dorina, prima moglie e madre di Cristina e Alex.
C’è, però, un altro autografo di Terra mia: dentro a un quaderno su cui è scritta la primissima versione della canzone. L’incipit è: «Comm’è triste e comm’è amaro, assettasse e guarda...»Pino s’è invaghito di Frank Zappa e tiene nella sua stanzetta di speranzoso musicista il suo poster. Ma studia su tanti spartiti e libri stranieri per migliorare il tocco e il suono della sua chitarra classica, nonché gli arrangiamenti. Approfondisce quindi, strada facendo, Niccolò Paganini, Andres Segovia, Johann Sebastian Bach e Leo Brouwer. Infine colleziona pure un fascicolo di musica per liuto trascritta per chitarra.
In un monitor, accomodato e di buonumore su un divano, Pino Daniele si accompagna a un suonatore arabo di oud e cerca soluzioni e confronti fra il linguaggio sonico di Napoli e quello del Nord Africa. A un tratto, dopo vari ascolti e tentativi, idee reciproche e vocalizzi mistici, il compositore napoletano trova la sua epifania. Muovendosi al cordofono, intuisce il giusto groove che poco più tardi diventerà precisamente l’intro di Via Medina, canzone che apre l’album quasi omonimo Medina (2001), e che alterna suoni di mamma Africa e ritmi dance da rave culture.
Accanto a una famosa automobile Opel Kadett color amaranto, Pino si disseta rovesciandosi sui capelli, sul volto e sulla t-shirt rossa un’intera bottiglia d’acqua. Dopodiché si accovaccia accanto al forno della cucina e assaggia qualche piatto saporito, tenendo sulle ginocchia uno strofinaccio rosa e bianco. Di lì a poco, si va in chiesa per il battesimo del figlio Alessandro Joe (1979), il secondogenito. Ritratti domestici inediti.
I corpi e i volti di Pino Daniele e di parecchi giovani detenuti del carcere minorile Filangieri - l’attuale Scugnizzo liberato di Salita Pontecorvo 46, zona Tarsia - in una visita emozionante avvenuta nel 1984. Ai ragazzi reclusi, il musicista e cantautore ha dedicato più di una canzone: da Stop bajon, firmata da Daniele per il debutto solista del batterista Tullio De Piscopo (l’album del 1983 si intitola Acqua e viento) a Lassa che vene, contenuta nell’album Musicante (1984) di Pinotto.
Si è più volte evidenziata la passione di Pino Daniele per Eduardo De Filippo. Eppure uno dei desideri del chitarrista/cantante era studiare e imparare la produzione del poeta-regista-attore-drammaturgo-musicista Raffaele Viviani. Tant’è che nel corridoio dei collage giornalistici compare un’intervista del 1987 rilasciata a Rete 105 in cui Daniele spiega che in qualche modo il titolo dell’album Bonne soirée (quello dell’arab rock) è ispirato proprio a una delle opere del commediografo di Castellammare di Stabia. In un altro pannello, insiste: «Io canto ciò che vedo: la miseria, la disoccupazione, il terremoto cronico di questa città. Io me la cavavo con 5.000 lire a matrimonio con la chitarra. Il Sud sta diventando una polveriera e Napoli ha cominciato a smettere di vendere pietose rievocazioni. Mi pare ieri che cercavo di imitare Elvis Presley mentre andava di moda Nunzio Gallo. Mi davano del matto».
Nelle teche di Spiritual sono custoditi alcuni tra i vinili originali appartenuti alla collezione privata dell’artista napoletano. Da Over-nite Sensation (1973) di Frank Zappa e The Mothers of Invention («Mi ha aperto la mente», commentava Daniele, che di Zappa custodiva un poster nella sua cameretta), a quelli dei Weather Report, Toquinho, Roberto Murolo, Cream, Paco De Lucia, fino a Songs In the Key of Life di Stevie Wonder, di cui Pino amava in special modo I Wish. Come testimoniava in diretta quand’era ospite delle trasmissioni di Radio Napoli City.
Davanti a uno dei light-box dell’articolato percorso espositivo, è bene soffermarsi, leggere, rileggere, pensare e comprendere. Equivale a un manifesto creativo, quanto dichiarato dal musicista e qui puntualmente riportato: «Seguo una mia idea musicale che parte da Miles Davis, da John Coltrane, dalla musica modale, dai Weather Report. E come loro sono riusciti, nelle diverse forme o contaminazioni della loro musica a realizzare sintesi efficaci e semplici, io cerco di fare nelle mie canzoni. Dicono che sono difficile. La verità è che sono esigente. Molto esigente. Non tollero la mediocrità e soprattutto quella del musicista che si crede arrivato, completo, finito».
Pura antropologia è la genesi di Bella ‘mbriana (album pubblicato nel 1982 che include Toledo, Annarè, I Got the Blues, Maggio se ne va, Io vivo come te, Mo basta, Tutta n’ata storia), che Pino confessa rinunciando a ogni imbarazzo: «È un pezzo che avrei voluto mettere già nel primo disco. È un argomento che mi ha sempre affascinato, sin da piccolo: ne sentivo parlare dalle vecchie zie, mi affascinava questo mistero di un’anima che si aggira per la casa. Ho quindi immaginato quest’anima che sorvegliando sempre la stessa casa vede tutto un susseguirsi di epoche e di avvenimenti. A un certo punto, per esempio, c’è una frase: hai visto ‘a guerra. Quante volte ho sentito dire ai miei genitori tu che ne puoi sapere della guerra!. Insomma, ho messo anche delle cose mie: ti ho visto crescere e cantare, ovviamente l’oggetto sono io, è lei che mi ha visto crescere e cantare. La casa, d’altro canto, per me è sacra».
La lista di Poster
In breve. Cosa è successo, sta succedendo o succederà in città. Se hai delle segnalazioni, sei un ufficio stampa o un nostro lettore scrivi a info@reversocollettivo.com
Alla Libreria Ubik, il martedì 25 marzo si terrà un gruppo di lettura dedicato a Orbital di Samantha Harvey, il libro “spaziale” vincitore del Booker Prize 2024. Il mercoledì 26 marzo sarà la volta della presentazione di Morte e altri imprevisti di Claudia Simonelli, mentre la domenica 6 aprile si leggerà e discuterà Chirù di Michela Murgia, in un evento curato da Purple Square Campania.
Sempre il martedì 25 marzo, al Modernissimo, la rassegna Manifesti per un Cinema Libero propone una selezione di capolavori del Terzo Cinema degli anni ‘60 e ‘70. Si inizia con Touki Bouki (Senegal, 1973), mentre il martedì 1 aprile sarà proiettato L’ora dei forni - 1. Neocolonialismo e Violenza (Argentina, 1968).
Il mercoledì 26 marzo offre una serata musicale per tutti i gusti: il Palapartenope ospita il pop-rock di Brunori Sas, mentre al Mamamu vanno in scena le sperimentazioni sonore di Joss Turnbull e ADMIN ADMIN Decay.
A teatro, il Teatro Mercadante propone due spettacoli di grande rilievo: dal 26 al 30 marzo va in scena Boston Marriage del grande David Mamet, mentre dall’1 al 6 aprile sarà la volta di Anna Karenina di Lev Tolstoj.
Da venerdì 28 marzo a lunedì 21 aprile 2025, a Maddaloni (CE), si terrà la prima edizione della Biennale delle Arti AMA (Arte + Maddaloni + Architettura) con la direzione artistica di Luca Molinari, dedicata alla rigenerazione urbana e culturale della città attraverso l'arte, il design e l'architettura contemporanea.
Il venerdì 28 marzo, a Salerno, si terrà ANHELO - rumori prima del silenzio, una serata musicale in ricordo di Paolo Traverso. A Napoli, invece, l’Auditorium 900 ospita il rock elettronico dei SAROOS (membri di Notwist, Lali Puna e Driftmachine). Al Teatro Trianon Viviani, Giovanni Block porta in scena Solo ma non troppo, un viaggio musicale e narrativo sulla solitudine, accompagnato da amici attori e musicisti.
Il venerdì 28 marzo sarà una giornata ricca di eventi. Al Metropolitan, alle ore 21, il regista Francesco Lettieri e Alessandro Daniele presenteranno in anteprima Pino, il primo documentario ufficiale dedicato a uno dei più amati maestri della musica italiana contemporanea.
Sempre il 28 marzo, alle ore 17, presso il Museo Emblema di Terzigno (NA), verrà inaugurato il progetto espositivo Dipingere il paesaggio, curato da Renata Caragliano ed Emanuele Leone Emblema. L’evento includerà anche una performance musicale di Dadà, artista napoletana che fonde tradizione e innovazione in una musica sospesa tra passato e futuro.
Riprendono anche i concerti gratuiti nella Sala Scarlatti del Conservatorio San Pietro a Majella. Il venerdì 28 marzo, Peppe Barra incontrerà gli studenti del Conservatorio e poi interpreterà È tutto un carnevale, spettacolo basato su favole di sua composizione e musiche di Camille Saint-Saëns e Patrizio Marrone, eseguite dall’Ensemble Giovanile del Conservatorio. Il venerdì 4 aprile, invece, sarà presentato Violoncelliade di Luca Signorini, con Maria Pia De Vito e i violoncellisti del Conservatorio.
Per gli amanti del cinema, la rassegna AstraDoc - Viaggio nel cinema del reale propone, il 28 marzo, la proiezione di From Ground Zero. Il 4 aprile, invece, è in programma una doppia proiezione con Dadapolis e L’oro del cam(m)mino.
Il sabato 29 marzo, a Succivo, il post-punk e il dark-rock saranno protagonisti con i Varsovie e i Dead Inside.
Il venerdì 4 aprile, alle 18.30, presso la Libreria Iocisto, si terrà la presentazione di Un treno che si chiama desiderio - Frammenti di memoria tra cinema e letteratura di Francesco Napolitano, con la partecipazione di Armando Andria e Luigi Barletta.
Per chi ama il rock sperimentale, lo stesso venerdì 4 aprile sarà una serata imperdibile: i mitici ZU tornano in Campania, esibendosi al Kingston di Caserta. Per un’atmosfera diversa, ma altrettanto coinvolgente, il Neapolitan Rock’n’Roll Fest animerà il Duel di Pozzuoli.
Il sabato 5 aprile, al Teatro Ricciardi di Capua, la band canadese Timber Timbre presenterà il suo ultimo album Lovage, un viaggio tra jazz spirituale, atmosfere esotiche e prog psichedelico.
La domenica 6 aprile, al Nostos Teatro di Aversa, andrà in scena il primo capitolo di un’antologia teatrale dedicata agli Esclusi, diretto da Davide Iodice e ispirato alla storia di Rosaria, alcolista e senzatetto scomparsa senza riconoscimento pubblico.
Il lunedì 7 aprile, presso l’ex-Asilo Filangieri, si terrà il TEDx UNINA, evento organizzato dagli studenti della Federico II sul tema Habitat, affrontato non solo come ambiente fisico, ma anche come spazio sociale e culturale. Prenotazioni disponibili con offerta libera su Eventbrite.
Per chi ama il rock psichedelico, il martedì 8 aprile all’Auditorium 900 si esibirà Steve Wynn, fondatore dei Dream Syndicate, accompagnato da Rodrigo D’Erasmo.
Infine, il Teatro Bellini presenta un programma ricco di appuntamenti. Dal 26 al 31 marzo andrà in scena Ho paura torero di Pedro Lemebel, un prezioso gioiello della letteratura ispano-americana. Il 28 e il 29 marzo, Massimo Recalcati terrà due lezioni speciali. Tornano anche Antonio Rezza e Flavia Mastrella con lo storico Fotofinish, mentre il 5 aprile alle 21, all’Academy Astra, ci sarà una proiezione speciale del loro film Samp. Al Piccolo Bellini, fino al 28 marzo, è ancora possibile vedere Il gelo di Eduardo De Filippo con Mimmo Borrelli, mentre dal 28 al 30 marzo sarà in scena lo spettacolo hip-hop di Fritz Zamy, L’ego.
Poster è un progetto di Reversocollettivo.
Questa uscita è coordinata dalla direzione editoriale di Claudio Morelli
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